Marco D’Amore e Francesco Ghiaccio, rispettivamente protagonista e regista del primo film dedicato alla comunità di Casale Monferrato e a chi lotta per chiedere giustizia #addioamianto spiegano perché hanno voluto cimentarsi con la storia di Casale Monferrato devastata dalla produzione di amianto.
Ripubblichiamo (grazie a Wired Italia e alla licenza Creative Commons per la riproduzione) l’articolo di Rosy Battaglia uscito su Wired il 14 dicembre 2015.
“Casale Monferrato non è la città dell’amianto ma è la città che lotta contro l’amianto”. La voce è quella di Marco D’Amore (“Ciro” di Gomorra) protagonista e co-sceneggiatore con il regista Francesco Ghiaccio di “Un posto sicuro”, film opera prima sugli affetti e i dolori della città che ha pagato, nel mondo, il prezzo più alto causato dalla fibra killer, con oltre 3000 vittime.
“L’idea della drammaturgia è nata a contatto con coloro che si sono battuti per chiedere giustizia, da loro abbiamo registrato la sofferenza che la fabbrica della morte ha causato- racconta Francesco Ghiaccio, originario proprio del Monferrato. “Non potevamo rimanere indifferenti, io ho studiato e vissuto qui, e proprio a Casale durante la comune frequenza alla Scuola Civica Paolo Grassi di Milano, Marco mi raggiungeva per non dover tornare a Caserta”.
“Ma Casale è la città che ha affrontato con resilienza la lotta contro Eternit ed ora è il sito più bonificato d’Europa– ricorda Francesco Ghiaccio- tanto la comunità intera ha accettato di rappresentare se stessa pur di sostenere una produzione indipendente”. Pronta la sceneggiatura a quattro mani, molte porte, infatti, erano rimaste chiuse. “La spinta per partire è arrivata proprio dalla stessa comunità di Casale Monferrato, dall’AFEVA, arrivando a contagiare la Film Commission della Regione Piemonte, AzzeroCO2 fino alla casa di produzione Indiana Production che ha creduto in noi”.
Le vicende del lungometraggio si snodano tra gli esterni della città regina del Monferrato, agli interni di chiese, teatri e dimore patrizie del centro storico e gli scorci sul Po, fino all’area ex Eternit nel quartiere Ronzone (tutt’ora in via di bonifica in attesa del parco della memoria “Eternot” ndr). Al centro, collocata temporalmente nel 2011, la storia del giovane Luca, attore mancato (Marco D’Amore) e suo padre Eduardo (Giorgio Colangeli) che non si frequentano per anni, costretti al riavvicinamento proprio per il tumore che non perdona, il mesotelioma, contratto da Edoardo per aver lavorato in Eternit.
Quel “posto sicuro” in cui si riceveva anche l’indennità per l’esposizione al polverino d’amianto. “Le parole nel film del padre di Luca sono le stesse pronunciate da Nicola Pondrano“, ex-operaio dell’Eternit in prima fila nella lunga battaglia contro l’azienda, attuale presidente nazionale del Fondo Nazionale Vittime Amianto.
E nell’intreccio di una storia d’amore sofferta tra Luca e Raffaella (Matilde Gioli) vanno in scena le mobilitazioni popolari che porteranno ai processi Eternit. Come la protesta del 2011 contro l’Amministrazione Comunale tentata allora di accettare “l’offerta del diavolo” e rinunciare alla costituzione come parte civile nel processo in corso contro Stephan Schmidheiny, patron di Eternit. Ritroviamo i volti, le voci di Romana, Assunta, Bruno, i familiari delle vittime riuniti nell’AFEVA. “E’ stato uno shock trovarsi davanti a tutte le verità di una tragedia annunciata- precisa D’Amore- ed è il motivo che ci ha spinto a raccontare, a modo nostro, una vicenda civile che tocca e può toccare ognuno di noi”.
Una sfida passare dall’interpretazione di Ciro di Gomorra, al fragile Luca, attore in crisi alle prese con il rapporto conflittuale con un padre assente? “In realtà c’è un filo rosso che lega l’Italia devastata dalle mafie a quella del mancato rispetto della salute sul lavoro e all’ambiente– sottolinea il giovane attore casertano- che pesa sempre sui cittadini, sulle nostre vite”.
D’Amore e Ghiaccio sono i primi a raccontare, così come ricordano nei titoli di coda “chi lotta per la giustizia nella polvere”, cercando di restituire la dignità di una comunità che ha cercato di restare unita, pur nella strage silenziosa che continua ancora oggi (dall’inizio di quest’anno sono morte 74 persone, vittime dell’amianto solo a Casale, ndr). Dopo la prima a Casale lo scorso 3 dicembre, la pellicola è distribuita in tutta Italia. “Eravamo sulle spine, carichi di una grande responsabilità davanti a chi ci aveva affidato la storia della sua vita- rammenta Ghiaccio- ma il film è stato accolto con profonda commozione”.
Una scelta coraggiosa: nessuno, finora, era andato oltre il documentario o lo spettacolo teatrale. “Ma una cosa a cui teniamo molto è l’incontro con i ragazzi delle scuole– precisa Marco D’Amore- dobbiamo liberare l’Italia dall’amianto e speriamo che anche il nostro film possa contribuire a tenere alta l’attenzione nelle nuove generazioni, anche per questo sottoscriviamo la petizione #Addioamianto“.
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Rosy Battaglia