Ripubblichiamo (grazie a Wired Italia e alla licenza Creative Commons per la riproduzione) l’articolo di Rosy Battaglia uscito su Wired il 9 marzo 2016.
Ma quanti sono gli edifici industriali contaminati in Italia? Secondo i dati ufficiali sono 779. Ma a Legambiente ne risultano 6.913. Perché? Il caso dell’Emilia Romagna.
Oltre 21mila casi solo di mesotelioma maligno, il cancro marker causato dalle fibre di amianto tra il 1993 e il 2012 in Italia, secondo il quinto Rapporto ReNAM di Inail. Di essi ben 4.215 vittime in Lombardia, 3.560 in Piemonte, 2.314 in Liguria, 2.016 in Emilia Romagna. Un dramma che si compie ogni giorno e può perpetuarsi anche alle nuove generazioni di italiani ignare della sua diffusione nell’ambiente e della lunga latenza delle malattie amianto correlate. Il nostro paese ne è stato il maggior consumatore e il secondo produttore in Europa, dopo la Russia, con oltre 5 milioni e seicento mila tonnellate di amianto grezzo utilizzato in ogni settore industriale (Inail 2015). Ed è uno dei più colpiti al mondo dall’epidemia delle malattie causate dall’esposizione alle fibre killer, 1.300 volte più sottili di un capello umano che arrivano a conficcarsi nei polmoni e negli organi interni.
Una strage silenziosa continua, con un risvolto ancora più drammatico: le vittime sono, purtroppo, più di quelle identificate dalle statistiche ufficiali. Secondo le stime dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica nel 2015, sono almeno 3.000 le persone colpite da tumori asbesto correlati ogni anno, così come avevamo denunciato nell’inchiesta di Wired Il prezzo dell’amianto.Sempre secondo i dati di Inail, ben il 23,1% delle persone vittime di mesotelioma ha avuto un’esposizione alla fibra killer “non definita”. Cioè non riconducibile al tipo di attività professionale o all’esposizione ambientale in luoghi contaminati. Molti sono ancora i casi professionali sommersi, come ribadiscono, chiedendo proprio in questi giorni un’audizione alla Commissione d’Inchiesta del Senato sugli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l’Associazione Italiana Esposti Amianto (Aiea) e Medicina Democratica che sono ricorsi alla Procura della Repubblica di Nuoro e Cagliari a tutela dei ex-operai degli stabilimenti Enichem e Montefibre dell’area industriale di Ottana, falcidiati da tumori polmonari e mesotelioma.
“Ai lavoratori dei siti industriali sardi non sono state applicate le tutele previdenziali e sanitarie previste dalla legge 257 del 1992 che ha messo al bando l’amianto”, sottolinea il vicepresidente di AIEA Mario Murgia. E i siti contaminati, come da interrogazione parlamentare dell’onorevole Michele Piras (Sel) ai ministri della Sanità, del Lavoro e dell’Ambiente, non risultano nell’elenco nazionale dei siti industriali in cui lavoratori erano esposti all’amianto. Intanto, Inail Sardegna non riconosce l’esposizione professionale per chi ha lavorato in quella che è stata definita “la fabbrica dei tumori” perché le quantità di fibre erano più basse rispetto ai valori determinati per legge. “Le domande per ottenere i benefici pensionistici in tutta l’area industriale sono stati 1441,ma ne sono state accolte appena 12; quelle per la malattia professionale sono state 77, e solo sei quelle accolte”, sottolineano da Aiea.
Eppure uno studio tratto dallo speciale di Epidemiologia e Prevenzione, la rivista dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, sulla sorveglianza sanitaria per gli ex-esposti all’amianto, ribadisce che “il rischio di mesotelioma raggiunge valori estremamente marcati con le durate lavorative più lunghe, mentre triplica in queste stesse condizioni il rischio per il tumore del polmone. Le domande di prepensionamento sono molto inferiori a quelle potenziali e il rischio non è risultato circoscritto a chi ha avanzato domanda”. E i lavoratori venuti a contatto con l’asbesto nei luoghi di lavoro in Italia sono stati oltre 560 mila. Per solo 1.500 di essi, sono in corso 50 processi, in tutta Italia. Da Olivetti di Ivrea, all’Alfa Romeo di Arese, dal Teatro alla Scala, all’Enel Turbigo alla Breda fino all’Ex-Isochimica di Avellino. In attesa che riprenda il processo Eternit Bis, dopo la prescrizione in Cassazione ha annullato la giustizia per le 2191 vittime di Casale Monferrato.
Nel frattempo, su richiesta della magistratura inquirente, alcune aree della zona industriale di Ottana Sardegna sono state poste sotto sequestro, da Carabinieri e Noe, lo scorso gennaio, per accertare i presunti reati di inquinamento ambientale, omessa bonifica nonché smaltimento illecito di rifiuti.
Ma quanti sono gli edifici industriali ancora contaminati d’amianto nel nostro Paese? Domanda che abbiamo posto l’anno scorso al Ministero dell’Ambiente. Secondo la mappa ministeriale sono 779. Secondo i dati raccolti da Legambiente, nel rapporto Liberi dall’amianto risultano, invece, 6.913. Numeri che spiegano, forse, nonostante la mancanza di trasparenza su mappatura e siti contaminati, i grandi stanziamenti del Ministero dell’Ambiente e di Inail per le aziende che bonificheranno l’amianto nel 2016. Il Collegato Ambientale, approvato a dicembre 2015, istituisce infatti un credito d’imposta per le imprese che effettueranno nell’anno 2016 interventi per la bonifica dell’amianto pari al 50% delle spese sostenute. Uno stanziamento pari a 5,667 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019. Così per il Bando Isi 2015con il quale l’Inail finanzierà le spese sostenute sempre dalle imprese, anche individuali, per progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con l’inclusione dei progetti di bonifica da amianto. Finanziamenti a fondo perduto, per un totale 276.269.986 euro fino al 65% dell’investimento sostenuto.
Sugli oltre 300 mila edifici pubblici e privati e siti industriali da bonificare in Italia stimati da Wired, sono almeno 2.400 le scuole ancora contaminate da amianto, come ha ricordato il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando all’Assemblea Nazionale Amiantodello scorso 30 novembre. Ma nonostante le rassicurazioni della Struttura di Missione per l’Edilizia Scolastica della Presidenza del Consiglio dei Ministri non ci sono dati e finanziamenti certi sulla mappatura nazionale e sul numero di interventi effettuati dalla task force governativa.
Un caso tra tutti, l’Emilia Romagna: nonostante le promesse di pubblicazione, le inchieste della DIA per la contaminazione delle scuole post-terremoto ad opera di aziende in odor di ‘ndragheta e una nostra richiesta di accesso civico al Responsabile della Trasparenza, le famiglie emiliane non hanno ancora dati certi sulla presenza della fibra nelle scuole frequentate dai loro figli.
Ad aprile 2015 avevamo posto alla Presidenza del Consiglio con la petizione #Addioamianto su Change.org cinque richieste di trasparenza: sul completamento della mappatura nazionale ancora incompleta, sulle bonifiche più urgenti; sulla mancanza di finanziamento del Piano Nazionale Amianto; sul bisogno di un costante aggiornamento dei dati epidemiologici e sulla filiera pulita dello smaltimento dell’amianto, altro tasto dolente, che nell’Italia delle ecomafie e senza Sistri, rimane un vero buco nero. Un appello ribadito dagli esiti della stessa Assemblea Nazionale Amianto del 30 novembre: a 23 anni dalla messa al bando, la decontaminazione dalla fibra è fallita. Appello firmato da oltre 68 mila lettori e cittadini italiani, che è ancora possibile sottoscrivere. E per cui attendiamo risposta.
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